lunedì 18 gennaio 2010

RECENSIONE di Omar Ebrahime

Nell’approssimarsi delle celebrazioni per l’unità d’Italia arrivano in libreria anche opere che tentano di uscire dalla vulgata ufficiale del politicamente corretto e, senza cadere nella retorica nostalgica del ‘tempo che fu’, riescono a rendere con obiettività un lucido affresco delle ombre che il Risorgimento, ovvero “la Rivoluzione italiana, […] versione nostrana ottocentesca della sovversione dell’ancien régime, avvenuta in conformità ai ‘principi del 1789’” (pag. 5) ha lasciato nella nostra storia recente, determinando pesanti ricadute in termini di identità. Il saggio, che presenta in tesi l’ambizioso obiettivo di contribuire all’edificazione di una memoria comune, muove dall’affermazione storica del fenomeno omogeneo dell’Insorgenza che segna “la prima manifestazione di un idem sentire degli italiani” (pag. 7). E’ senz’altro questo il punto da cui (ri)partire per una valutazione serena del processo unitario: il fatto che già nel ‘triennio giacobino’ del 1796-1799 gli italiani reagissero in armi, in modo naturale e concorde, contro l’attacco alla loro bimillenaria identità religiosa e a sostegno del Papa, “non vuol dire che fossero meno italiani dei successivi artefici dei vari moti e spedizioni ‘patriottiche’ che, non fondandosi sulla ‘nazionalità spontanea’, non potevano certo fondare ‘naturalmente’ una unità fra gli italiani” (pag. 8). Leggendo tanta pubblicistica di questi anni sembrerebbe invece il contrario e questa squalifica a oltranza intellettuale, oltre che morale e civile, dei vinti pare davvero fuori luogo. Contro la leggenda rosa negli anni recenti hanno già scritto pagine importanti Autori come Ernesto Galli della Loggia o Emilio Gentile, a cui infatti Brienza si ricollega aggiungendo un’analisi delle criticità istituzionali e amministrative palesate dal neo Stato unitario del 1861 che, non di rado, mutatis mutandis, giungono fino al presente seguendo un filo rosso senza soluzione di continuità.

Oggetto di studio vero nomine è quindi la realtà amministrativa osservata da un punto di vista storico-giuridico e illuminata dalla lezione autorevole di studiosi quali Gianfranco Miglio e Roberto Ruffilli. Sei sono le ‘ombre’ che l’Autore rintraccia nell’attuazione dell’unità d’Italia: il centralismo oppressivo, l’annessionismo ideologico e pseudo-plebiscitario, i ripetuti interventi stranieri portatori di tendenze protestanti e massoniche (vedi Inghilterra), a loro volta causa del mancato riconoscimento da parte di altri Paesi europei, la guerra alla Chiesa e all’identità religiosa del popolo italiano e la ‘piemontesizzazione’ autoritaria dello Stato sabaudo.

Se l’unità territoriale è stata realizzata e a centocinquant’anni di distanza è ormai anzitutto un fatto, l’unificazione delle idee e dei sentimenti del popolo tutto che compone la penisola è ancora ben lungi dal realizzarsi. Ma quella che l’Autore chiama ‘nazionalità spontanea’, nonostante tutto verrebbe da dire, esiste ancora. Dovrebbe far parte di una ordinaria realpolitik prenderne atto.

Omar Ebrahime

http://www.vanthuanobservatory.org/p/review.php?id_news=954&id_rev=172

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