lunedì 8 marzo 2010

RECENSIONE di Maurizio Schoepflin (il Borghese, marzo 2010)

GIUSEPPE BRIENZA
Unità senza identità
Come il Risorgimento
ha schiacciato le differenze fra gli Stati italiani
Edizioni Solfanelli, Chieti 2009, pp. 72 - € 7,00.

Uno dei maggiori pregi di questo agile e sintetico saggio è quello di evitare lo stile «pamphlettistico» che, troppo spesso, caratterizza la pubblicistica «revisionistica» sul Risorgimento, quel processo storico-socialereligioso che l’Autore, in buona compagnia nell’ultimo decennio se si vede la bibliografia selezionata e riportata alle pagg. 63-65, definisce «la Rivoluzione italiana, […] versione nostrana ottocentesca della sovversione dell’ancien régime, avvenuta in conformità ai 'principi del 1789'» (pag. 5).
L’Autore muove la sua disamina del modus operandi in vista del raggiungimento dell'Unità d'Italia partendo dall'affermazione del fenomeno spesso mi s conosc i uto del - l'«Insorgenza» (1796-1815) che, a suo avviso e secondo l'interpretazione di tutta una serie di studiosi, raccolti, come lui, nell'Istituto Storico dell'Insorgenza e per l'Identità Nazionale (Oscar Sanguinetti, Marco Invernizzi, Sandro Petrucci e altri), ha rappresentato la risposta degli Italiani alla crisi prodotta dal cambiamento portato dall'irrompere della Rivoluzione e, contemporaneamente, «la prima manifestazione di un idem sentire degli Italiani» (pag. 7).
È senz’altro questo il punto da cui (ri)partire per una valutazione serena del processo unitario: il fatto che già nel «triennio giacobino» del 1796-1799 gli Italiani reagissero in armi, in modo naturale e concorde, contro l’attacco alla loro bimillenaria identità religiosa e a sostegno del Papa, «non vuol dire che fossero meno Italiani dei successivi artefici dei vari moti e spedizioni ‘patriottiche’ che, non fondandosi sulla ‘nazionalità spontanea’, non potevano certo fondare ‘naturalmente’ una unità fra gli italiani» (pag. 8). Leggendo tanta pubblicistica di questi anni sembrerebbe invece il contrario, e questa squalifica intellettuale, oltre che morale e civile, dei vinti pare davvero fuori luogo.
Contro la leggenda rosa negli anni recenti hanno già scritto pagine importanti Autori come Ernesto Galli della Loggia o Emilio Gentile, a cui infatti Brienza si ricollega aggiungendo un’analisi delle criticità istituzionali e amministrative palesate dal neo Stato unitario del 1861 che, non di rado, mutatis mutandis, giungono fino al presente seguendo un filo rosso senza soluzione di continuità.
Oggetto di studio vero nomine è quindi la realtà amministrativa osservata da un punto di vista storicogiuridico e illuminata dalla lezione autorevole di studiosi quali Gianfranco Miglio e Roberto Ruffilli. Sei sono le «ombre» che l'Autore rintraccia nell'attuazione dell'unità d'Italia: il centralismo oppressivo, l'annessionismo ideolo gico e pseudoplebiscitario, i ripetuti interventi stranieri portatori di tendenze protestanti e massoniche (vedi Inghilterra), a loro volta causa del mancato riconoscimento da parte di altri Paesi europei, la guerra alla Chiesa e all'identità religiosa del popolo italiano e la «piemontesizzazione» autoritaria dello Stato sabaudo.
L’Autore sostiene che, se a centocinquant’anni dalla sua realizzazione l’unità territoriale è ormai anzitutto un fatto, l’unificazione delle idee e dei sentimenti del popolo tutto che compone la penisola è ancora ben lungi dal realizzarsi. Brienza appare tuttavia convinto che ciò che egli chiama «nazionalità spontanea», nonostante tutto, esiste ancora, e che il prenderne atto dovrebbe far parte di una ordinaria realpolitik.

MAURIZIO SCHOEPFLIN
il Borgese, Anno X, n. 3, marzo 2010, p. 83

Nessun commento:

Posta un commento